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domingo, 17 de abril de 2011

DANTE ALIGHIERI - LA DIVINA COMMEDIA – PARADISO DI DANTE by Carlos Eduardo da Cruz Gomes


UNIVERSITÀ FEDERALE DI JUIZ DE FORA
FACOLTÀ DI LETTERE
PROGRAMMA PER CORSI DI GRADO IN LETTERATURA ITALIANA I



CARLOS EDUARDO DA CRUZ GOMES






DANTE ALIGHIERI - LA DIVINA COMMEDIA – PARADISO DI DANTE











Il lavoro presentato come requisito parziale per ottenere il diploma finale della disciplina in Letteratura italiana I - Corso di Laurea in Letteratura della Università Federale di Juiz de Fora. A cura della professoressa Silvana Montezzano.









JUIZ DE FORA

2009











RINGRAZIAMENTO



Ringrazio i grandi maestri del passato, i cui scritti fortemente hanno acceso nel mio desiderio di studiare, interpretare, riflettere, e rinnovare la ricerca. Un patrimonio di conoscenze e della bellezza dello stile. Mi trovo l'ombra della sua grandezza alla quale venero. Con la letteratura italiana, ho avuto il piacere di dilettarmie dei libri e gli autori cui temi hanno colvolto in un enorme carico di impegno nei confronti della cultura e della conoscenza. Grazie alla forte sensazione che ho sentito nel capolavoro della letteratura italiana che è meravigliosa è che mi dà molta soddisfazione nella lettura, oltre a trasmettermi la loro vitalità.

Ispirato dal suo insegnamento, Silvana montesano e dal generoso sostegno di tutti gli insegnanti, le persone e gli amici della UFJF e le insegnanti che hanno contribuito per mio sviluppo personale e la mia esperienza come ricercatore nel campo della letteratura italiana. Questo lavoro há servito di incetivo di studiare e sviluppare la conoscenze sempre di più.

Grazie a tutto ciò che profondamente mi ha insegnato e illuminato con la sua presenza e lo sa che ho potuto compiere questo lavoro. Condividendo la sua saggezza e la sua generosità con suprema virtù. Rendo omaggio a le studenti di Lettere e ai funzionari della Biblioteca Centrale UFJF.

Mi ricorderò sempre le discussioni e le preziose lezioni classi fornite durante il corso, con nuove iniziative passano nella mia vita accademica e professionale, dove il riciclaggio è quello di superarmi sempre di più.



























1- INTRODUZIONE:

Il Boccaccio há signoreggiato per secoli la storia della prosa italiana sopra tutto narrativa. Il Petrarca, per esempio, cominciò a sembrare antiquato gi”a nel secolo XVIII. Dal Petrarca al Boccaccio, che gli è contemporaneo, il distacco è più grande, e tuttavia essi appaiono tra di loro affini.

Secondo Attilio Momigliano( Storia della Letteratura Italiana, dalle origini ai nostri giorni), gli interessi dell'autore del Canzoniere e quelli dell'autore del Decameron sono simili, ma sono attacati alla terra, per entrambi quello che più conta è questa vita. Il Petrarca è combattuto, il Boccaccio no. Petrarca è cosi innamorato delle belle forme di Laura, così ansioso di scrutare i movimenti del proprio cuore, cosi diligente nel lasciare ai posteri un diario della propria vita affetiva e intelletiva, il centro della vita è la terra. Senonchè il Canzoniere è l'opera di uno scrittore solitario e il Decameron è l'opera di uno scrittore socievole.

Il Petrarca ebbe uma minuta e costante esperienza di sè, il Boccaccio uma larga esperienza del prossimo. Il primo fu il cronista di sè, il secondo il novellatore di tutte le classi del suo tempo. Ma cosi nell”opera monocorde del Petrarca, come in quella multiforme del Boccaccio, si sente, non l'uomo che vede nell'oltremondo il significato e l'epilogo della propria vita, ma l'uomo che vede nella terra il proprio regno. Nel Petrarca gli ideali religiosi non sono dimenticati. L'uno e l'altro, presi insieme, sono un esempio dell'apparente disparità che può presentare unb'epoca riflessa in due scrittori diversamente e potentemente originali, e dell'occulta somiglianza che li lega e tradisce in loro i figli di uno stesso secolo.


2- PERCOSO BIOGRAFICO:

Giovanni Boccaccio, nato nel 1313 dall'unione illegittima di Boccaccio di Chellino, mercante oriundo di Certaldo, e di uma nobile francese di cui non si conosce che il nome Giovanna. A Firenze fu avviato dal padre alla mercatura, alla quale attese malvolentieri ancora per qualche anno a Napoli.

Passato allo studio del diritto canonico, continuò a dar segni di predilezione per la vita letteraria ed elegante che si concentrava intorno a re Roberto d'Angiò. Di uma figlia naturale di costui, Maria dei conti d”aquino, s'innamorò nel 1336. Abbandonato dall'amante, obbligato dal dissesto del padre coinvolto nel fallimento della banca dei Bardi a lasciar Napoli, tornò a Firenze nel 1340. Da questa città s'allontanò più d'una volta; durante la peste del '48 non c'era; vi rientrò l'anno dopo per la morte del padre.

Appatengono al periodo antecedente alla peste quasi tutte le sue opere minori in volgare, tutte più o meno simili fra di loro e da considerarsi tutte come un avviamento al capolavoro. Lui è considerato il padre della prosa volgare italiana e, insieme a Petrarca e a Dante, il più importante scrittore del XIV secolo sia in Italia che in Europa.

Dopo i primi studi a Firenze, nel 1327 si trasferisce a Napoli dove si dedica ai classici latini e alla letteratura italiana e francese e proprio qui vedono la luce le sue prime opere: Filocolo, Filostrato, Teseida, Caccia di Diana e Rime.

Durante i successivi soggiorni a Firenze e nelle corti di Romagna compone oltre al Ninfale fiesolano e ad altre opere minori, la sua opera capitale: il Decameron, terminato nel 1351. E’ in questi anni che stringe amicizia con il “glorioso maestro”, Petrarca, e si dedica allo studio dell’opera dantesca. Viene a mancare nel dicembre 1375.

Come ben emerge leggendo il Decameron, Boccaccio sa esprimersi attraverso una considerevole varietà di toni e di stili in virtù del suo sperimentalismo. L’autore si dimostra inoltre ben attento a tutta la realtà, pronto a rappresentarla integralmente, da osservatore imparziale, nei suoi aspetti molteplici e talora contrastanti: una realtà in continuo mutamento.

L’uomo, con le sue qualità e i suoi vizi, è il protagonista unico di vicende dove agiscono tre motivi o molle fondamentali: Fortuna, Amore e Intelligenza, presentate in tutta una ricca gamma di possibili sfumature.

C'è da dire che Boccaccio impone nel Decameron una poetica realistica che comporta, oltre al citato pluristilismo, precisione di dettagli, descrizioni circostanziate, riferimenti “storici” a luoghi o persone reali. C’è assenza di questioni religiose, morali e politiche, e si individua nel naturalismo e nella rappresentazione realistica del mondo dei sensi il suo motivo ispiratore.

L’amore, uno dei temi principali del Decameron, è visto come un istinto irrefrenabile, come legge naturale: la concezione laica presente è ben distante da quella della produzione boccacciana precedente. L’opera è destinata a fornire diletto e insieme consigli pratici di comportamento alle donne innamorate e, quanto ai contenuti, esprime l’intenzione di narrare “novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati avvenimenti”.

Novelle esemplari dunque ma non di tipo etico-religioso!



3-PERCORSO TESTUALE – L'OPERE:

L'ambiente letterario descritto è sulla leggenda medioevale, come Il Filocolo: romanzo in prosa di Florio e Biancofiore. Nella pensantezza del complesso sono notevoli. La forza logica e psicologica di certi discorsi, tessuti com l'abilità delle più eloquenti pagine del Decameron.

Il gusto delle scene fastose o cavalleresche, che rimarrà in alcune delle novelle; l'innamoramento dei protagonisti, le loro malinconie quando sono separati, la letizia di Florio dopo la liberazione di Biancofiore, la scena di Florio che – tentato e quasi sedotto da due giovani – si riscuote improvvisamente al pensiero de Biancofiore. Sopra tutto la delicatezza ora idilica ora elegiaca della rappresentazione amorosa dimostra che già si sta formando il grande scrittore.

Il Filostrato è un poema in ottave connesso com le leggende troiane del medioevo: racconta l'infelicità di Troilo, abbandonato da Griseide per Diomede. È il più notevole precorrimento del Decameron. In certe parti, specialmente nelle prime due, lo stile è rapido, senza retorica e senza sfoggio di cultura classica. In queste pagine l'andamento non è lirico ma psicologico, non cavalleresco ma quotidiano borghese reale; il tono è da commedia, non da poema. Il modo di sentire è già quello della novela realistica del Boccaccio. C'è già quello scetticismo, quel linguaggio cinico e beffardo, quella morale amorosa cosi caratteristica di tanti racconto del Decameron. Si veda quella figura di mezzano di Pandaro; la scena in cui egli si appresta a tentar Griseide per Troilo; la risposta di Griseide alla lettera di Troilo, com quella cosi ipocrita verecondia.

Il Teseida è un poema di intenzioni epiche ma di contenuto novellistico: vi si narra, infatti, l'amore di Teseo, per Emilia sorella della regina delle Amazzoni. Anche qui lo stile è prosastico, popolareggiante: ma vi si mescolano frequenti elementi mitologici e classici e riflessi di poesia aulica. La Grecia de Boccaccio è proiettata in un ambiente cavalleresco.

Il Ninfale fiesolano è un poema idillico tessuto intorno all'amore del pastore fiesolano Affrico e della ninfa Mensola. È la più omogenea fra le opere minori del Boccaccio, ed è ricca di pagine affettuose, domestiche e drammatiche. La scena si svolge in un ambiente all'autoe di mettere tutto sullo stesso piano, quasi uguagliando i personaggi umani e quelli mitici ( le ninfe di Diana) in uma sfera che dà l'impressione d'un'età beata e lontana. Il tono dell'amore è insiene ingenuo e sensuale, e há non solo dell'idillio ma anche della storia osservata com un vivo senso dello sviluppo della psicologia dei personaggi. Il racconto, scarso com'è di elementi descrittivi, e ricco di parlate e di scene, e chiaramente regolato da uma situazione in continuo progresso, rivela più di ogni altra opera minore il temperamento del novelliere.

Il Ninfale d'Ameto racconta, parte in prosa e parte in terzine, com intonazione parte immorale e parte allegorica, la purificazione di Ameto traverso l'amopre per sette ninfe simboleggianti le virtù cardinali e teologali. L'Amorosa visione, in terzine, è, come lAmeto, d'ispirazione dantesca e d'intonazione contradditoria.

La Fiammetta, ultima di queste opere minori, è il romanzo dell'amore del Boccaccio per Maria d”'aquino, alla quale si richiamano quasi tutte le opere fin qui ricordate. In questa prosa troppo florida e spesso pedantesca, ma viva nelle pagine che ritraggono i sentimenti della protagonista, il Boccaccio, raccontando di Fiammetta abbandonata da Panfilo, allude a se stesso abbandonato dall'amante.

Le attitudini che Boccaccio dimonstra in queste opere, sono quelle dell'osservatore o del narratore di vicende amorose. Spesso l'amore vi è rappresentato come uma passione sensuale; e allora sopra tutto si cominciano a intravvedere le attitudini artistiche del Boccaccio. Altre volte è idealizzato. Le attitudini allegoriche e le preoccupazioni morali pesano ancora in alcune di queste opere; in altre l'educazione retorica soffoca le qualità native dello scrittore. Il senso della realtà è ancora discontinuo, spesso soffocato dagli ornamenti e dalle amplificazioni.

In questo periodo la poesia, che più difficilmente si presta alle riflessioni e alle prolisse amplificazioni retoriche, giovò meglio al Boccaccio per rivelare la sua attitudine alla rappresentazione schietta della verità esterna ed interna. In queste opere un claore di sentimento, uma tenerezza nativa che troppo spesso si dimenticano quandosi parla del Boccaccio narratorte di casi amorosi, e che invece sono uma delle sue doti di poeta.

Appatengono alle opere minore del Boccaccio anche le lirische, di cui il nucleo maggiore risale al periodo dell'amore per Maria d'Aquino. Come nel Filocolo la descrizione della brigata elegante che a Napoli discorre di questioni d'amore e racconta novelle prelude alla compagnia e al disegno del Decameron, cosi parecchie di queste liriche ci introducono in un ambiente aristocratico simile a quello in cui i novellatori e le novellatrici del capolavoro dicono i loro racconti. Sfondo del Decameron sono gli ameni dintorni di Firenze; delle liriche le spiagge napoletane, e particolarmente Baia, dimora estiva della nobile società contemporanea. Le liriche sono notevoli soltanto come prova dell'esperienza che il Boccaccio aveva fatto della vita raffinata, e come indizio di quello che egli potè ricavame per la rappresentazione delle abitudini lussuose della brigata del Decameron.

Artisticamente sono trascurabili: vi si trovano reminiscenze di Dante, del dolce stil nuovo, del Petrarca; lo stile non è semplice e quasi rozzo come quello dei mpoemi, ma adorno, appunto perchè dietro questa lirica del Boccaccio c'e uma tradizione letteraria quasi secolare, quella che va dal Guinizelli al Petrarca.





4- IL DECAMERON. La cornice: suo valore decorativo e suo significato rispetto al temperamento aristocratico del Boccaccio:








5- LA SOCIETÀ CAVALLERESCA DEL BOCCACCIO:

6- AFFETTI TENERI E TRAGICI

7- LE NOVELLE EROTICHE E LE NOVELLE BURLESCHE

8- GLI AMBIENTI, LO DTILE, LA FORTUNA DEL DECAMERON

9- IL BOCCACCIO DOPO IL DECAMERON

10- CONCLUSIONE

11- BIBLIOGRAFIA

BOCCACCIO, Giovanni. Decamerão. São Paulo, Abril, 1971.

DE BERNARDI, Italo. Disegno storico della letteratura italiana. Torino,:Societ”a Editrice Internazionale, 1977.

DONADONI, Eugenio. Breve storia della letteratura italiana. Milano: Signorelli, 1970.

MARTIM, Cristiano (trad.) A Divina Comédia. Belo Horizonte: Villa Rica, 1991.

MOMIGLIANO, Attilio. Storia della letteratura italiana. Milano: Officine Grafiche Principato, 1960.

PAZZAGLIA, Mario. Letteratura italiana. Testi e critica com lineamenti di storia letteraria. Bologna: Zanichelli Editore, 1985. Volume I e II.

SEGRE, Cesare e MARTIGNONI, Celia. Testi nella storia. La letteratura italiana dalle origini al novecento. Milano: Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1992. Volume II: Dal Cinquecento al Settecento.

VOSSLER, Karl. Historia de la Literatura Italiana. Madrid, Labor, 1977.

Xerox analizzate durante il corso di Letteratura italiana I– UFJF, a cura della professoressa Silvana Montezzano.





























BOCCACCIO by Carlos Eduardo da Cruz Gomes

UNIVERSITÁ FEDERALE DI JUIZ DE FORA
FACOLTÁ DI LETTERE
PROGRAMMA PER CORSI DI GRADO IN LETTERATURA ITALIANA I



CARLOS EDUARDO DA CRUZ GOMES






BOCCACCIO











Il lavoro presentato come requisito parziale per ottenere il diploma finale della disciplina in Letteratura italiana I - Corso di Laurea in Letteratura della Università Federale di Juiz de Fora. A cura della professoressa Silvana Montezzano.









JUIZ DE FORA

2009











RINGRAZIAMENTO



Ringrazio i grandi maestri del passato, i cui scritti fortemente hanno acceso nel mio desiderio di studiare, interpretare, riflettere, e rinnovare la ricerca. Un patrimonio di conoscenze e della bellezza dello stile. Mi trovo l'ombra della sua grandezza alla quale venero. Con la letteratura italiana, ho avuto il piacere di dilettarmie dei libri e gli autori cui temi hanno colvolto in un enorme carico di impegno nei confronti della cultura e della conoscenza. Grazie alla forte sensazione che ho sentito nel capolavoro della letteratura italiana che è meravigliosa è che mi dà molta soddisfazione nella lettura, oltre a trasmettermi la loro vitalità.

Ispirato dal suo insegnamento, Silvana montesano e dal generoso sostegno di tutti gli insegnanti, le persone e gli amici della UFJF e le insegnanti che hanno contribuito per mio sviluppo personale e la mia esperienza come ricercatore nel campo della letteratura italiana. Questo lavoro há servito di incetivo di studiare e sviluppare la conoscenze sempre di più.

Grazie a tutto ciò che profondamente mi ha insegnato e illuminato con la sua presenza e lo sa che ho potuto compiere questo lavoro. Condividendo la sua saggezza e la sua generosità con suprema virtù. Rendo omaggio a le studenti di Lettere e ai funzionari della Biblioteca Centrale UFJF.

Mi ricorderò sempre le discussioni e le preziose lezioni classi fornite durante il corso, con nuove iniziative passano nella mia vita accademica e professionale, dove il riciclaggio è quello di superarmi sempre di più.



























1- INTRODUZIONE:

Il Boccaccio há signoreggiato per secoli la storia della prosa italiana sopra tutto narrativa. Il Petrarca, per esempio, cominciò a sembrare antiquato gi”a nel secolo XVIII. Dal Petrarca al Boccaccio, che gli è contemporaneo, il distacco è più grande, e tuttavia essi appaiono tra di loro affini.

Secondo Attilio Momigliano( Storia della Letteratura Italiana, dalle origini ai nostri giorni), gli interessi dell'autore del Canzoniere e quelli dell'autore del Decameron sono simili, ma sono attacati alla terra, per entrambi quello che più conta è questa vita. Il Petrarca è combattuto, il Boccaccio no. Petrarca è cosi innamorato delle belle forme di Laura, così ansioso di scrutare i movimenti del proprio cuore, cosi diligente nel lasciare ai posteri un diario della propria vita affetiva e intelletiva, il centro della vita è la terra. Senonchè il Canzoniere è l'opera di uno scrittore solitario e il Decameron è l'opera di uno scrittore socievole.

Il Petrarca ebbe uma minuta e costante esperienza di sè, il Boccaccio uma larga esperienza del prossimo. Il primo fu il cronista di sè, il secondo il novellatore di tutte le classi del suo tempo. Ma cosi nell”opera monocorde del Petrarca, come in quella multiforme del Boccaccio, si sente, non l'uomo che vede nell'oltremondo il significato e l'epilogo della propria vita, ma l'uomo che vede nella terra il proprio regno. Nel Petrarca gli ideali religiosi non sono dimenticati. L'uno e l'altro, presi insieme, sono un esempio dell'apparente disparità che può presentare unb'epoca riflessa in due scrittori diversamente e potentemente originali, e dell'occulta somiglianza che li lega e tradisce in loro i figli di uno stesso secolo.


2- PERCOSO BIOGRAFICO:

Giovanni Boccaccio, nato nel 1313 dall'unione illegittima di Boccaccio di Chellino, mercante oriundo di Certaldo, e di uma nobile francese di cui non si conosce che il nome Giovanna. A Firenze fu avviato dal padre alla mercatura, alla quale attese malvolentieri ancora per qualche anno a Napoli.

Passato allo studio del diritto canonico, continuò a dar segni di predilezione per la vita letteraria ed elegante che si concentrava intorno a re Roberto d'Angiò. Di uma figlia naturale di costui, Maria dei conti d”aquino, s'innamorò nel 1336. Abbandonato dall'amante, obbligato dal dissesto del padre coinvolto nel fallimento della banca dei Bardi a lasciar Napoli, tornò a Firenze nel 1340. Da questa città s'allontanò più d'una volta; durante la peste del '48 non c'era; vi rientrò l'anno dopo per la morte del padre.

Appatengono al periodo antecedente alla peste quasi tutte le sue opere minori in volgare, tutte più o meno simili fra di loro e da considerarsi tutte come un avviamento al capolavoro. Lui è considerato il padre della prosa volgare italiana e, insieme a Petrarca e a Dante, il più importante scrittore del XIV secolo sia in Italia che in Europa.

Dopo i primi studi a Firenze, nel 1327 si trasferisce a Napoli dove si dedica ai classici latini e alla letteratura italiana e francese e proprio qui vedono la luce le sue prime opere: Filocolo, Filostrato, Teseida, Caccia di Diana e Rime.

Durante i successivi soggiorni a Firenze e nelle corti di Romagna compone oltre al Ninfale fiesolano e ad altre opere minori, la sua opera capitale: il Decameron, terminato nel 1351. E’ in questi anni che stringe amicizia con il “glorioso maestro”, Petrarca, e si dedica allo studio dell’opera dantesca. Viene a mancare nel dicembre 1375.

Come ben emerge leggendo il Decameron, Boccaccio sa esprimersi attraverso una considerevole varietà di toni e di stili in virtù del suo sperimentalismo. L’autore si dimostra inoltre ben attento a tutta la realtà, pronto a rappresentarla integralmente, da osservatore imparziale, nei suoi aspetti molteplici e talora contrastanti: una realtà in continuo mutamento.

L’uomo, con le sue qualità e i suoi vizi, è il protagonista unico di vicende dove agiscono tre motivi o molle fondamentali: Fortuna, Amore e Intelligenza, presentate in tutta una ricca gamma di possibili sfumature.

C'è da dire che Boccaccio impone nel Decameron una poetica realistica che comporta, oltre al citato pluristilismo, precisione di dettagli, descrizioni circostanziate, riferimenti “storici” a luoghi o persone reali. C’è assenza di questioni religiose, morali e politiche, e si individua nel naturalismo e nella rappresentazione realistica del mondo dei sensi il suo motivo ispiratore.

L’amore, uno dei temi principali del Decameron, è visto come un istinto irrefrenabile, come legge naturale: la concezione laica presente è ben distante da quella della produzione boccacciana precedente. L’opera è destinata a fornire diletto e insieme consigli pratici di comportamento alle donne innamorate e, quanto ai contenuti, esprime l’intenzione di narrare “novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati avvenimenti”.

Novelle esemplari dunque ma non di tipo etico-religioso!



3-PERCORSO TESTUALE – L'OPERE:

L'ambiente letterario descritto è sulla leggenda medioevale, come Il Filocolo: romanzo in prosa di Florio e Biancofiore. Nella pensantezza del complesso sono notevoli. La forza logica e psicologica di certi discorsi, tessuti com l'abilità delle più eloquenti pagine del Decameron.

Il gusto delle scene fastose o cavalleresche, che rimarrà in alcune delle novelle; l'innamoramento dei protagonisti, le loro malinconie quando sono separati, la letizia di Florio dopo la liberazione di Biancofiore, la scena di Florio che – tentato e quasi sedotto da due giovani – si riscuote improvvisamente al pensiero de Biancofiore. Sopra tutto la delicatezza ora idilica ora elegiaca della rappresentazione amorosa dimostra che già si sta formando il grande scrittore.

Il Filostrato è un poema in ottave connesso com le leggende troiane del medioevo: racconta l'infelicità di Troilo, abbandonato da Griseide per Diomede. il più notevole precorrimento del Decameron. In certe parti, specialmente nelle prime due, lo stile è rapido, senza retorica e senza sfoggio di cultura classica. In queste pagine l'andamento non è lirico ma psicologico, non cavalleresco ma quotidiano borghese reale; il tono è da commedia, non da poema. Il modo di sentire è già quello della novela realistica del Boccaccio. C'è già quello scetticismo, quel linguaggio cinico e beffardo, quella morale amorosa cosi caratteristica di tanti racconto del Decameron. Si veda quella figura di mezzano di Pandaro; la scena in cui egli si appresta a tentar Griseide per Troilo; la risposta di Griseide alla lettera di Troilo, com quella cosi ipocrita verecondia.

Il Teseida è un poema di intenzioni epiche ma di contenuto novellistico: vi si narra, infatti, l'amore di Teseo, per Emilia sorella della regina delle Amazzoni. Anche qui lo stile è prosastico, popolareggiante: ma vi si mescolano frequenti elementi mitologici e classici e riflessi di poesia aulica. La Grecia de Boccaccio è proiettata in un ambiente cavalleresco.

Il Ninfale fiesolano è un poema idillico tessuto intorno all'amore del pastore fiesolano Affrico e della ninfa Mensola. la più omogenea fra le opere minori del Boccaccio, ed è ricca di pagine affettuose, domestiche e drammatiche. La scena si svolge in un ambiente all'autoe di mettere tutto sullo stesso piano, quasi uguagliando i personaggi umani e quelli mitici ( le ninfe di Diana) in uma sfera che dà l'impressione d'un'età beata e lontana. Il tono dell'amore è insiene ingenuo e sensuale, e há non solo dell'idillio ma anche della storia osservata com un vivo senso dello sviluppo della psicologia dei personaggi. Il racconto, scarso com'è di elementi descrittivi, e ricco di parlate e di scene, e chiaramente regolato da uma situazione in continuo progresso, rivela più di ogni altra opera minore il temperamento del novelliere.

Il Ninfale d'Ameto racconta, parte in prosa e parte in terzine, com intonazione parte immorale e parte allegorica, la purificazione di Ameto traverso l'amopre per sette ninfe simboleggianti le virtù cardinali e teologali. L'Amorosa visione, in terzine, è, come lAmeto, d'ispirazione dantesca e d'intonazione contradditoria.

La Fiammetta, ultima di queste opere minori, è il romanzo dell'amore del Boccaccio per Maria d”'aquino, alla quale si richiamano quasi tutte le opere fin qui ricordate. In questa prosa troppo florida e spesso pedantesca, ma viva nelle pagine che ritraggono i sentimenti della protagonista, il Boccaccio, raccontando di Fiammetta abbandonata da Panfilo, allude a se stesso abbandonato dall'amante.

Le attitudini che Boccaccio dimonstra in queste opere, sono quelle dell'osservatore o del narratore di vicende amorose. Spesso l'amore vi è rappresentato come uma passione sensuale; e allora sopra tutto si cominciano a intravvedere le attitudini artistiche del Boccaccio. Altre volte è idealizzato. Le attitudini allegoriche e le preoccupazioni morali pesano ancora in alcune di queste opere; in altre l'educazione retorica soffoca le qualità native dello scrittore. Il senso della realtà è ancora discontinuo, spesso soffocato dagli ornamenti e dalle amplificazioni.

In questo periodo la poesia, che più difficilmente si presta alle riflessioni e alle prolisse amplificazioni retoriche, giovò meglio al Boccaccio per rivelare la sua attitudine alla rappresentazione schietta della verità esterna ed interna. In queste opere un claore di sentimento, uma tenerezza nativa che troppo spesso si dimenticano quandosi parla del Boccaccio narratorte di casi amorosi, e che invece sono uma delle sue doti di poeta.

Appatengono alle opere minore del Boccaccio anche le lirische, di cui il nucleo maggiore risale al periodo dell'amore per Maria d'Aquino. Come nel Filocolo la descrizione della brigata elegante che a Napoli discorre di questioni d'amore e racconta novelle prelude alla compagnia e al disegno del Decameron, cosi parecchie di queste liriche ci introducono in un ambiente aristocratico simile a quello in cui i novellatori e le novellatrici del capolavoro dicono i loro racconti. Sfondo del Decameron sono gli ameni dintorni di Firenze; delle liriche le spiagge napoletane, e particolarmente Baia, dimora estiva della nobile società contemporanea. Le liriche sono notevoli soltanto come prova dell'esperienza che il Boccaccio aveva fatto della vita raffinata, e come indizio di quello che egli potè ricavame per la rappresentazione delle abitudini lussuose della brigata del Decameron.

Artisticamente sono trascurabili: vi si trovano reminiscenze di Dante, del dolce stil nuovo, del Petrarca; lo stile non è semplice e quasi rozzo come quello dei mpoemi, ma adorno, appunto perchè dietro questa lirica del Boccaccio c'e uma tradizione letteraria quasi secolare, quella che va dal Guinizelli al Petrarca.





4- IL DECAMERON. La cornice: suo valore decorativo e suo significato rispetto al temperamento aristocratico del Boccaccio:

Il Decameron
1) Struttura dell’opera
E’ una raccolta di cento novelle, inserite in una cornice narrativa. Venne scritto probabilmente tra il 1348 e il 1353. L’autore racconta di come, durante la peste terribile del 1348, questa brigata di sette ragazze e tre ragazzi di elevata condizione sociale, decide di cercare scampo dal contagio del morbo, ma anche dalla dissoluzione morale e sociale della vita cittadina, ritirandosi in un casale di campagna e quindi, da un punto di vista metaforico, un ripudio della città (come nei Promessi sposi nell’assalto al forno delle grucce e quando Don Rodrigo, colpito dalla peste, viene abbandonato dal fedele bravo). Questi giovani trascorrono il loro tempo tra banchetti, balli e giochi e, per occupare piacevolmente le ore più torride, decidono di raccontarsi ogni giorno una novella. Quotidianamente viene eletto dalla brigata un “re”, cui spetta il compito di designare un tema che viene affidato ai narratori. Ad uno di questi narratori, Dioneo, viene concesso di non rispettare il tema generale. Due giornate (la prima e la nona) sono lasciate a tema libero. Nell’introduzione ad ogni giornata, viene descritta la vita gioiosa e idillica (paradisiaca) della brigata, in cui non ci sono avvenimenti particolari e tutto si svolge secondo un rituale. Tra novella e novella c’è un commento degli ascoltatori e ogni giornata è siglata da una conclusione in cui viene inserita una ballata, cantata a turno da uno dei giovani. Bisogna chiarire che questi novellatori non sono delineati nel dettaglio, cioè non hanno caratteri e psicologia definita, tranne forse Dioneo. Inoltre i loro nomi richiamano anche alcuni personaggi delle altre opere di Boccaccio (Fiammetta, Filostrato, Filopolo), oppure veri e propri personaggi letterari e mitologici [Elissa (Didone), Lauretta (da un’opera di Petrarca), Dioneo (Venere)].
Questi racconti occupano dieci giorni, tranne il sabato e la domenica. Da qui scaturisce il titolo dell’opera: deca = dieci; emeron = giorno. Il titolo riflette l’interesse di Boccaccio per il greco.

  1. Il proemio e le dichiarazioni di poetica dell’autore
Il libro si apre con un proemio di fondamentale importanza perché contiene gli argomenti trattati nell’opera. L’autore intende giustificare il proprio libro e dice che lui ha il proposito di giovare a coloro che sono afflitti dalle pene d’amore, dilettandoli e dando loro utili consigli. Le donne sono più inclini a queste pene amorose e pertanto l’opera è rivolta a tutte quelle donne “che amano”, dove l’amore è inteso come simbolo di “nobile sentire”, riprendendo il concetto dell’amore in ambito cortese e in quello stilnovistico. Sempre nel proemio Boccaccio spiega di volersi rivolgere alle donne “per rimediare al peccato della fortuna”, cioè le donne, secondo l’autore, non possiedono la capacità di trovare distrazioni alle pene d’amore, perché non hanno passione per la caccia e non hanno la possibilità di giocare (ad es. a carte) e, più in generale, di divertirsi come gli uomini: pertanto c’è questa volontà di porre un rimedio a questa situazione sociale. Un altro punto fondamentale è il peso che nell’opera ha il tema amoroso (non a caso tutte le novelle dell’opera affrontano questa tematica) e sono opere licenziose (trasgressive), dove la sensualità è viene messa in risalto e ciò suscita diverse critiche. In alcune introduzioni (quarta giornata e nella conclusione), Boccaccio affronta il problema di queste critiche, rivendicando la letteratura libera (“Eros è espressione naturale dell’uomo che non può essere repressa”).

  1. La peste e la cornice
L’opera comincia con una descrizione della peste che devasta Firenze ed è molto interessante, in quanto è animata dall’esperienza diretta di Boccaccio, che prova disgusto, misto all’angoscia per il disgregarsi della morale, anche perché egli era molto sensibile al buon gusto, alla bellezza estetica, in quanto aveva frequentato ambiente nobiliari. L’iniziativa dei giovani ha proprio l’obiettivo di contrastare questo degrado: la brigata ha la “missione” di ricostituire l’integrità della società attraverso l’allontanamento dalla città e l’arte di vivere in modo raffinato e gaudente: così Boccaccio traccia il suo modello del “come vivere”. Tutte queste tematiche e la concezione simmetrica, organizzata per giornate, costituiscono la cornice del Decameron, in quanto nella concezione dell’opera è contenuto l’ideale signorile elevato e classico di Boccaccio della ricerca dell’armonia, dell’equilibrio e del piacere. La cornice costituisce lo sfondo idilliaco e un esempio massimo dell’otium (momento produttivo di lettura, in cui la mente si nutre di cultura) e del negotium, esaltando così il modello di vita di stampo classico. Nella struttura del Decameron Boccaccio contrappone lo sfondo idilliaco alla drammatica esperienza della peste.

  1. La novella di Andreuccio da Perugia
La novella è incentrata su un personaggio che deve affrontare una serie di prove, per poi arrivare a uscire indenne, addirittura vincitore. Secondo alcuni critici in questa novella c’è il tema della sfortuna ed insieme il tema dell’occasione di risollevarsi (e quindi caduta e risalita di una persona). Tutto ciò rispecchia la società medio borghese, mercantile, dove le insidie sono molteplici e in agguato costante, però Andreuccio trova una via di scampo, che da una parte è offerta dal caso, dalle circostanza; dall’altra è frutto dell’intraprendenza personale. Queste due possibilità di risalita non sono slegate tra loro, ma si intersecano fortemente, nel senso che sono la sorte e le circostanze a svegliare Andreuccio. Colpisce l’idea che la sorte va colta e insieme, che bisogna “metterci del proprio”, per tirare fuori delle doti “dormienti”. C’è inoltre l’idea che si può giocare sopra la sfortuna. La narrazione è onnisciente, anche se il punto di vista è quello di Andreuccio; inoltre l’autore decide di non descrivere l’ambiente per evidenziare l’azione e il carattere dei personaggi coinvolti nella vicenda.

  1. Lo stalliere del re Agilulfo
La novella è ambientata presso la corte dei Longobardi nell’VIII sec. d.C. Il protagonista è uno stalliere di umilissime origini, ma di grande nobiltà d’animo ed è astuto ed assennato. Egli è innamorato della regina (un sogno irrealizzabile) ed è fortemente spinto dall’ambizione sociale. Lo stalliere, in questa novella, si traveste da re e passa una notte al fianco della regina. Tuttavia il re se ne accorge e, dopo essere riuscito a catturare il “sosia”, se ne va a letto sicuro, per essere riuscito a tagliargli i capelli, in modo da poterlo riconoscere l’indomani alla luce del sole. Lo stalliere, astuto, rasa la testa a tutti i servi per non essere smascherato, ma a questo punto diventa importante la reazione del re.

  1. Tancredi e Ghismunda
Si tratta di una novella molto importante perché è una delle prime in cui l’elemento comico e realistico non compare e si ha un passaggio dal contesto borghese – mercantile al contesto aristocratico, nobiliare. Al posto dell’elemento comico – realistico viene affrontata una tematica drammatica. Infatti tutta la novella poggia sul tema dell’amore contrastato, dove è presente nelle relazioni fra i personaggi lo schema triangolare amante-oggetto amato-antagonista.
Qui è presente tuttavia un elemento nuovo rispetto allo schema classico: l’amante non è più l’uomo ma è la donna, che quindi riveste un ruolo attivo: è lei che prende l’iniziativa, che sceglie l’uomo e che mette in atto tutti i vati accorgimenti, affinché l’amore rimanga nascosto. Secondo alcuni critici Guiscardo è un’appendice di Ghismunda, cioè la sua funzione è compresa in quella di Ghismunda, che quindi diventa il primo modello di eroina boccaccesca. Ghismunda è una persona magnanima, aperta, intelligente e astuta nell’architettare i piani e decisa nell’agire. E’ una persona che sa conservare la propria dignità, cioè lei non si umilia, non si dispera in modo patetico nelle disgrazie. E’ inoltre una buona oratrice e si deve scontrare con la fortuna perché è il caso che le fa scoprire il suo amore. Ma l’antagonista vero e proprio è il padre. Egli è un personaggio complesso, perché ama tantissimo sua figlia e questo amore si trasforma in crudeltà quando compare un concorrente come Guiscardo. Per questo motivo l’affetto paterno di Tancredi presenta caratteristiche ambigue. Tancredi inoltre è ipocrita nei suoi ragionamenti, mentre Ghismunda è cristallina. Tancredi inoltre, pur essendo di origini nobili non ha dignità. Ghismunda, oltre ad essere un’eroina, ha di straordinario il tipo di ragionamento che fa “per tagliare la testa al toro”, o meglio al padre. Il suo è un amore intellettuale, platonico (ideale, estraneo alla realtà) e lei rivendica il fatto che risponde a qualcosa di naturale: Boccaccio conserva da Dante l’amore nobile, compiendo tuttavia un passo maggiore in quanto procede da un amore intellettuale a un amore terreno, riguardante cioè il corpo e i sensi. E’ da notare inoltre la questione delle reliquie, una pratica molto diffusa nel Medioevo: era infatti una consuetudine cercare di conservare qualcosa di tangibile. Tale concetto deriva dall’ambito religioso in quanto alle reliquie venivano attribuite dei poteri magici e miracolistici e per questo motivo erano molto ricercate.

  1. Elisabetta da Messina
Si tratta di una novella della quarta giornata che richiama per struttura la novella di Ghismunda. Anche qui è possibile notare un triangolo: la donna che ama, l’amante e l’antagonista, il cui ruolo in questa novella è ricoperto dai fratelli di Elisabetta. Un altro filo conduttore con la novella di Ghismunda è il sentimento di amore integro, che rimane tale nonostante le difficoltà e la tragica fine dei protagonisti. Tuttavia vi sono anche delle divergenze: infatti, mentre la novella di Ghismunda ha per protagonista una donna eroina che difende i propri diritti d’amore, al contrario la novella di Elisabetta vede per protagonista una donna che non ha alcun desiderio di rivolta e la sua risposta all’oppressione familiare è quella dell’accettazione silenziosa della situazione; tale rassegnazione sfocia in lacrime e pianti, che diventano sfogo d’amore (con il pianto Elisabetta rimane legato all’amato); colpisce il fatto che Elisabetta prima va a prendersi la testa dell’amato ucciso e poi la bagna con il suo pianto: da qui (alla fine della novella) deriva un tema, presente anche nella novella di Ghismunda: l’attaccamento alla reliquia dell’amato (Ghismunda – cuore; Elisabetta – testa).

  1. Nastagio degli Onesti
Questa è una novella importante, in cui sono contenute citazioni culturali, come per es. a Jacopo Passavanti; la novella è intrecciata con uno dei temi del XIII canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante, non tanto con Pier delle Vigne, ma con la scena di caccia che chiude il canto, in cui degli scialacquatori sono inseguiti da delle arpie affamate: l’aggancio consiste proprio nel tema della caccia infernale. Boccaccio rovescia completamente questo tema che all’epoca era un topos (modello) ricorrente, cambiandone il senso: qui infatti c’è una donna inseguita da un cavaliere, che è punita perché non ha mai amato. Nella novella c’è un taglio surreale e viene sfruttato un motivo topos della letteratura con riferimento ad autori precedenti o vicini a lui. C’è la volontà di colpire e di stravolgere per non scivolare nel classico, nonostante si ispiri ad esso. Il fatto che egoisticamente la donna si interessi a Nastagio contribuisce a mantenere l’effetto comico della cornice.

  1. Chichibio e la gru
In questa novella i personaggi sono esaltati attraverso le qualità umane, che non sono mai disgiunte dal caso. Inoltre, più che l’industria, si sottolinea l’arguzia, l’istinto che caratterizza Chichibio; vi è un’esaltazione del rischio, ancora una volta tipico del mercante. L’individuo è in balia delle circostanze che lo portano a confrontarsi con la situazione: il caso determina il relativismo etico, per cui emerge l’assenza di una gerarchia fissa di valori; non c’è infatti un assoluto codice comportamentale ma i valori variano e si adattano alle circostanze. Manca inoltre un conclusivo giudizio morale, in quanto Boccaccio fa emergere ironicamente pregi e difetti dei personaggi.

  1. Frate Cipolla & Calandrino e l’elitropia
1- Si gioca sul tema della crudeltà sfruttata dagli ecclesiastici per prelevare soldi mostrando false reliquie; c’è una critica alla chiesa ma soprattutto alla massa di fedeli. I giochi di San Lorenzo hanno la virtù di salvare dal fuoco: chi si farà toccare la croce con essi, vivrà sicuro che “fuoco non cocerà che non si senta”.
2- Calandrino pur essendo attirato dall’idea di arricchirsi non ha l’intraprendenza e l’abilità che contraddistingue il mercante.
CONCLUSIONI
Giovanni Boccaccio è un autore straordinario per il fatto che è moderno nel suo modo di rapportarsi con l’uomo. Egli è spudorato e coraggioso nell’affrontare tutti questi temi. L’ironia è la sua “arma principale”, anche se lui è una persona seria.

4.2- La seconda giornata del Decameron

Giovanni Boccaccio

Scrittore (Firenze 1313-Certaldo 1375). Avviato dal padre alla mercatura e successivamente agli studi dì diritto canonico a Napoli, sì diede, autodidatta, agli studi letterari, con l'appoggio dei letterati della corte di Roberto d'Angiò. Nella figlia naturale del re Roberto, Maria d'Aquino, la tradizione ha voluto identificare - senza, però, alcuna conferma documentaria - il grande amore del Boccaccio e la Fiammella della trasfigurazione letteraria. Richiamato a Firenze per il dissesto economico del padre (1340), ebbe incarichi diplomatici a Ravenna e a Roma. Conobbe il Petrarca e, influenzato da lui, si diede con fervore agli studi umanistici. Tutta l'attività letteraria del Boccaccio è caratterizzata da bilinguismo (latino e volgare); ma l'importanza fondamentale dell'autore consiste nel fallo che con la sua opera in prosa il volgare toscano si affermò definitivamente nella tradizione letteraria. Tra il 1349 e il 1351 diede forma definitiva al Decameron, raccolta di 100 novelle, ove il Ninfale fiesolano (1345-1346), il Corbaccio (1365-1366). Tra le opere umanistiche, la Genealogia Deorum gentilium (1350-1375), il Buccolicum carmen (ca. 1351-1366), il De casibus virorum illustrium (ca. 1356-1374), il De claris mulieribus (ca. 1360-1375), il De montibus, silvis, fontibus etc. (ca. 1355-1374).
Riassunto delle novelle della Seconda Giornata del Decameron

Indice della Seconda Giornata

* Prima novella (Neifile)
* Seconda Novella (Filostrato)
* Terza Novella (Pampinea)
* Quarta Novella (Lauretta)
* Quinta Novella (Fiammetta)
* Sesta Novella (Emilia)
* Settima Novella (Panfilo)
* Ottava Novella (Elissa)
* Nona Novella (Filomena)
* Decima Novella (Dioneo)
Prima novella (Neifile)

* Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
* Luogo: La novella prima si svolge a Trivigi, nei pressi della chiesa e del podestà del paese.
* Tempo: La novella si svolge in una giornata.
* Personaggi: Arrigo, un lavoratore "povero uomo essendo" aiutava i suoi compaesani in cambio di pochi soldi; era un uomo di cuore buono. Stecchi, Martellino e Marchese erano uomini che visitavano le altre corti, si divertivano a "contraffarsi" tra la gente. Un fiorentino, amico dei tre uomini. Sandro Agolanti, un giudice.
* Antefatto: Arrigo, uomo ben voluto da tutti, muore e nello stesso istante iniziano a suonare tutte le campane della chiesa maggiore senza che nessuno le muovesse.
* Modificazione: Tre fiorentini cercano di vedere il corpo del presunto santo e uno di loro si finge moribondo e viene scoperto.
* Nodo narrativo
* : Martellino, il fiorentino che si traveste viene assalito dalla gente e questa lo malmena; in un secondo momento è davanti alla presenza del podestà e rischia l'impiccagione. Scioglimento: lì giudice, Sandro Sgolanti, ascolta le suppliche e le preghiere di Martellino e decide di perdonarlo.
* Conclusione: lì giudice ridendo molto sull'accaduto lascia andare a casa loro i tre fiorentini, sani e salvi.
* Commento: Martellino, che era troppo sicuro delle sue qualità, con i suoi amici che erano "uomini li quali le corti de signori visitando, di contraffarsi e con nuovi atti contraffacendo qualunque altro uomo, li veditori sollazzavano" riesce ad ingannare una moltitudine di gente ma non un suo compaesano e di conseguenza rimane molto umiliato e alla fine rischia la vita.
Seconda Novella (Filostrato)
  • Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
    * Luogo: Bologna, Ferrara, Verona
    * Tempo: La vicenda inizia verso sera e termina verso il mattino.
    * Personaggi: Rinaldo d'Asti è un "mercatante: egli era grande della persona, e bello e piacevole nel viso e di maniere assai laudevoli e graziose, e giovane di mezza età". La vedova, "del corpo bellissima", è ricca anche se in apparenza non lo è, visto che aveva una relazione con il marchese Azzo da Ferrara.
    * Antefatto: Rinaldo che è un mercante durante un viaggio incontra tre persone che "mercatanti parevano" e con questi continua il suo viaggio.
    * Modificazione: I tre accompagnatori di Rinaldo, che in realtà erano dei poco di buono, "masnadieri" aspettando che non ci fosse gente attorno a loro, derubarono il povero Rinaldo.


Terza Novella (Pampinea)

* Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
* Luogo: Firenze, Roma, Inghilterra.
* Tempo: La novella si svolge in più anni.
* Personaggi: Lamberto. Tedaldo e Agolante, sono tre fratelli figli dì un ricco signore di nome Tebaldo, sono molto spendaccioni e non esiteranno a mettere in difficoltà gli altri pur di tirarsi fuori dai guai. Alessandro, nipote dei tre fratelli, sarà lui ad aiutarli a pagare tutti i debiti. L'abate è in realtà la figlia del re d'Inghilterra travestita che sta fuggendo per non dover sposare il re di Scozia.
* Antefatto: Alla morte di Tebaldo, i tre figli Lamberto, Tedaldo e Agolante, ricevono l'intera eredità che incominciano subito a spendere.
* Modificazione: Dopo poco tempo l'intero patrimonio si esaurisce e i tre fratelli decidono di andare in Inghilterra a fare gli usurai, così riescono in poco tempo a racimolare una grossa somma di denaro.
* Nodo narrativo: I tre fratelli tornati a Firenze, incaricano il nipote Alessandro di andare in Inghilterra a continuare l'attività, mentre loro possono così riprendere a sperperare denaro. Pochi anni più tardi una guerra in Inghilterra fa si che Alessandro non possa più gestire gli affari, facendo si che i tre fratelli non potendo più pagare i debiti finiscano in prigione.
* Conclusione: Alessandro non potendo più far nulla in Inghilterra decide di tornare in Italia, e durante il cammino incontra un Abate diretto a Roma per incontrare il Papa. Una notte Alessandro scopre che in realtà l'abate è una donna che si è innamorata di lui, decisi a sposarsi i due proseguono il viaggio a Roma dove, incontrato il Papa, la donna dirà di essere la figlia del re d'Inghilterra. Una volta sposati dal Papa stesso, i due andranno a Firenze a liberare i tre fratelli.
Quarta Novella (Lauretta)

* Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
* Luogo: Ravello, isola di Gurfo.
* Tempo: La novella si svolge in un tempo piuttosto lungo.
* Personaggi: Landolfo Rufolo. uomo molto ricco e ambizioso, mira ad aumentare sempre il suo patrimonio. La femmina, donna generosa che trarrà in salvo Landolfo.
* Antefatto: Landolfo diventato povero per sventura decide di diventare un corsale, "comperò un legnetto sottile da corseggiare".
* Modificazione: Landolfo dopo un anno "rubò e prese tanti legni di turchi che egli si trovò non solamente avere racquistato il suo che in mercantia avea perduto, ma di gran lunga quello avere raddoppiato".
* Nodo narrativo: Una notte mentre Landolfo navigava, il mare si ingrossò talmente da far si che il legno si rovesciò e il povero Landolfo finì in acqua e "venutagli alle mani una tavola, a quella s'appiccò".
* Conclusione: Il giorno seguente Landolfo giunge naufragando alla isola di Gurfo, dove viene salvato da una donna, che lo rifocillerà. Curioso di vedere il contenuto della cassa a cui si era affidato durante il naufragio, decide di aprirla trovandovi all'interno molte pietre preziose.
* Commento: Landolfo "trovato modo di spacciar le sue pietre, mandò una buona quantità di denari alla buona femmina". Da ciò si capisce che Landolfo era sì ambizioso di raddoppiare il suo patrimonio, ma non era avaro.

Quinta Novella (Fiammetta)

* Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
* Luogo: La novella quinta si svolge a Napoli.
* Tempo: La novella si svolge nell'arco di un giorno.
* Personaggi: Andreuccio da Perugia, uomo di un ceto sociale medio, molto ingenuo e fiducioso. La prostituta, donna di cui non ci si può fidare, molto intelligente e falsa. La serva, signora di una certa età, che conosce molto bene Andreuccio e lo metterà nei guai senza volerlo. I ladri, due uomini che per vivere saccheggiano le tombe dei defunti, approfitteranno dell'ingenuità di Andreuccio per rubare dei gioielli.
* Antefatto: Andreuccio da Perugia arriva a Napoli per comprare dei cavalli, mentre gira il mercato senza comprare nulla, incontra una vecchia che lo conosce molto bene, appena i due si lasciano, una prostituta che aveva adocchiato i danari di Andreuccio, chiede alla vecchia informazioni su chi fosse quell'uomo.
* Modificazione: Tornato in albergo, Andreuccio riceve la visita di una bambina che gli riferisce che una donna lo voleva incontrare in un posto chiamato "Malpertugio", Andreuccio senza pensarci due volte accetta l'invito.
* Nodo narrativo: Arrivato a destinazione Andreuccio incontra la prostituta, la quale travestita da donna per bene, riesce a convincere Andreuccio di essere sua sorella.
* Scioglimento: Andreuccio stanco della dura giornata decide di passare la notte dalla sua presunta sorella, ma prima di coricarsi e dopo essersi denudato, Andreuccio ha bisogno "di dover diporre il superfluo peso del ventre", ma appena poggia il piede su un asse di legno, questo cede in quanto segato precedentemente dalla prostituta, e cade nella fogna a cielo aperto. Il nostro eroe dopo vani tentativi di rientrare in casa dove aveva lasciato i vestiti e i soldi, incomincia a vagare fino a quando incontra due ladri che decidono di usarlo per i loro loschi piani. Prima però lo calano in un pozzo per farlo lavare, ma proprio in quel momento arrivano due famigliari che vogliono abbeverarsi, così i due ladri nella fretta di fuggire lasciano Andreuccio in fondo al pozzo, quando i famigliari tirano su la fune, vedono Andreuccio attaccato e credendolo un fantasma stappano a gambe levate. Dopo un breve girovagare, Andreuccio incontra nuovamente i due ladri che io costringono ad: infilarsi in una tomba al posto per rubare i gioielli del defunto; in quel momento arriva un altro gruppo di persone, guidati da un prete intenzionato a rubare i gioielli; i due ladri spaventati abbandonano nuovamente Andreuccio il quale si ritrova chiuso in una tomba, mentre sta per essere scoperto da altre persone.
* Conclusione: Dopo aver pensato ad una soluzione, Andreuccio decide di fingersi un fantasma per spaventare così il prete, che si faceva tanto coraggioso davanti ai suoi compagni, ed impossessarsi del prezioso bottino.
* Commento: "...per mostrare che per comperar fosse, più volte in presenza di chi andava e di chi veniva trasse fuori questa sua borsa de' fiorini che avea", da questa narrazione si capisce come Andreuccio sia molto ingenuo e in che qual modo si mettesse da solo nei guai.
Sesta Novella (Emilia)
  • Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
    * Luogo: La novella seconda si svolge in due luoghi differenti, il primo è l'isola di Ponza; il secondo è Lunigiana.
    * Tempo: La vicenda si svolge in un periodo di tempo molto lungo (circa venti anni).
    * Personaggi: Arrighetto Capece, è l'uomo di fiducia di Manfredi il figlio di Federico secondo di Svevia. Beritola Caracciola, moglie di Arrighetto Capece, è una donna di elevata classe sociale, disperata per la scomparsa dei figli e del marito. Giusfredi, figlio maggiore di madonna Beritola, è un ragazzo che si vuoi sentire libero e così vagabonderà per alcuni anni. Currado Malespini, uomo generoso e pieno di pietà, accoglierà Beritola e Giusfredi.
    * Antefatto: Alla cattura di Arrighetto Capece, la moglie, Beritola Caracciola con il figlio Giusfredi decide di imbarcarsi per tornare a Napoli, ma "per forza divento il legno fu trasportato all'isola di Ponzo" dove Beritola si inselvatichirà e vivrà sola con due caprioli, mentre il figlio verrà portato via.
    * Modificazione: Currado Malespini arrivato all'isola di Ponzo trova madonna Beritola in una caverna, e una volta sentita la sua storia decide di condurla nel suo castello in Lunigiana. Alcuni anni più tardi, dopo un lungo vagabondare arriva in Lunigiana Giusfredi, sotto il nome di Giannotto "e quivi per ventura con Currado si mise per famigliare".

* Nodo narrativo: Giannotto si innamora della Spina, figlia di Currado, e quando questo lo viene a sapere decide di rinchiuderli entrambi in prigione con poco cibo e molto disagio.
* Conclusione: Giannotto un giorno, mentre era in prigione, racconta chi era veramente ad una guardia, la quale riferisce tutto a Cuarrado che decide di liberarlo e di farlo rincontrare con la madre, la quale aveva perso la speranza di vederlo vivo; Currado concede il sospirato matrimonio fra Giannotto stesso e la Spina.
* Commento: "Con molte lagrime da Currado e dalla sua donna, sopra la saettia montati, seco la Spina menandone, si partirono"; questa frase induce il lettore a capire come in realtà Currado fosse amareggiato per la partenza di Giusfredi e della Spina, quindi si può dedurre che li abbia veramente perdonati.
Settima Novella (Panfilo)

* Luogo: Babilonia, Alessandria, Romania, Atene, Chiarenza, Baffa, Famagosta, Cipro.
* Tempo: la vicenda raccontata dura quattro anni.
* Personaggi: Beminedab, "di Babilonia fu il soldano" è un uomo che mantiene le proprie promesse. Alatiel è la figlia del soldano, "la qual, per quello che ciascun che la vedesse dicesse, era la più bella femina che si vedesse in que' tempi nel mondo", non cristiana. Pericon da Visalgo è un "uomo di fiera vista e robusto molto". Marato è il fratello di Pericon, "d'età di venticinque anni, bello e fresco come una rosa". Prenze della Morea è un pretendente della mano di Alatiel. Duca d'Atene "giovane e bello e pro' della persona, amico e parente del prenze" cerca di conquistare il cuore della bellissima babilonese. Ciuriaci, "segretissimo cameriere del prenze" è un vile traditore. Costanzo è il "figliuolo" dell'"imperadore di Costantinopoli", mentre Manovello è "suo nepote". Osbech, "allora re de' turchi, il quale stava in continua guerra con lo imperadore" ed "Giovane uomo era" e un forte guerriero. Basano, è il " re di Capadocia". Antioco è "un famigliar d'Osbech". Il mercatante è l'amico fidato di Antioco. Antigono "un gentil uomo [...], la cui età era grande ma il senno maggiore, e la ricchezza piccola" è un servitore del padre di Alatiel.
* Antefatto: il re di Babilonia riesce a sconfiggere molti arabi e in ciò viene aiutato dal Re di Garbo, il quale chiede in cambio sua figlia come moglie, e Beminead accetta volentieri.
* Modificazione: Durante il viaggio che deve portare Alatiel fino al re di Garbo, la nave incontra una tempesta nella quale muore I, equipaggio tranne la bellissima Alatiel. Quest'ultima, però, giunta su un'isola a lei sconosciuta passa attraverso le grinfie di molte persone potenti che cercano di sposarla, visto che la sua bellezza li abbaglia.
* Nodo narrativo: Alatiel viene rapita più volte da persone ricche e durante tale azione è morta moltissima gente. Con quest'ultima la giovane ragazza ha avuto dei rapporti.
* Scioglimento: Alatiel tenuta prigioniera su un'isola incontra un servitore di suo padre, tramite il quale riesce a fuggire.
* Conclusione: Alatiel torna finalmente a casa sua e dopo aver raccontato cosa le era successo durante tutto il tempo in cui i suoi familiari pensavano che fosse morta affogata in mare con il resto dell'equipaggio, viene data in sposa al re di Garbo, al quale era stata promessa fin dal principio.
* Commento: Panfilo a inizio novella fa un commento: " Molti furono che la forza corporale e la bellezza, e certi gli ornamenti con appetito ardentissimo desiderano, né prima d'aver mal disiderato s'avvidero, che essi quelle cose loro di morte essere o di dolorosa vita cagione". La storia rispecchia pienamente ciò, dal momento che molte persone ricchissime vedono nella protagonista femminile una ninfa della bellezza, e quando se ne innamorano, perdono la vita visto che vengono uccise da coloro che vogliono avere per sé la ragazza.
Ottava Novella (Elissa)
  • Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
    * Luogo: La novella si svolge in luoghi differenti: Londra, Calese e altri luoghi dell'Inghilterra.
    * Tempo: La vicenda dura per circa diciotto anni.

* Personaggi: il conte d'Anguersa, "gentile e savio uomo [...] del corpo bellissimo e d'età forse di quaranta anni, e tanto piacevole e costumato [...] il più leggiadro e il più delicato cavaliere che a quegli tempi si conoscesse". Luigi, figlio maggiore del conte, verrà chiamato e conosciuto con il nome di Perotto. Violante, figlia minore del conte nonché sorella di Luigi, anche a lei verrà cambiato il nome e verrà chiamata Giannetta. Giachetto, ragazzo di famiglia nobile, si innamorerà di Giannetta e dopo molte fatiche la sposerà.
* Antefatto: Il Conte d'Anguersa dopo un colloquio con "la donna del figliuol del re", viene accusato da questa di aver cercato di forzarla il conte a queste insinuazioni decide di scappare assieme ai due figli verso Calese.
* Modificazione: Il conte ormai diventato povero riesce a sistemare i suoi due figli a due diverse famiglie di maliscalchi, dove essi potranno crescere e farsi una nuova vita.
* Nodo narrativo: I due figli del conte ormai cresciuti, si sono sposati e hanno acquisito delle eredità nonché importanza, il conte dopo alcuni anni di lavoro, decide di tornare a vedere le condizioni dei suoi figli, ma essi non lo riconoscono.
* Conclusione: Colpita da un grave male la donna del figlio dei re, decide di confessarsi, e racconta anche la menzogna che aveva raccontato per incastrare il conte, fu allora che il conte dopo tanti anni di esilio poté nuovamente farsi riconoscere in pubblico, inoltre il re fece dono al Conte alcune fortune si che potesse vivere il resto della sua vita agiatamente.
* Commento: La novella insegna che anche le persone più oneste e sincere come il conte d'Anguera sono soggette a malefatte di altre persone.
Nona Novella (Filomena)
  • Luogo: Parigi, Genova.
    * Tempo: La vicenda narrata ha una durata di circa sei anni.
    * Personaggi: Bernabò Lomellin da Genova è un mercatante molto onesto e per lui la parola data in un patto è da rispettare a tutti i costi. Donna Zinevra "bella del corpo e giovane ancora assai e destra ed atante della persona" è la moglie di Bernabò e, alla conclusione della novella, si potrà affermare che lei è molto fedele al proprio marito. Ambruogiuolo da Piagenza è uno dei tanti amici mercatante di Bernabò, ma tra questi si distingue per la sua capacità di imbrogliare la gente in modo facilissimo, infatti risulta essere a ingannatore" della vicenda. Sicuran da Filano è la stessa Zinevra che a causa di un incidente dovrà travestirsi da uomo alle dipendenze di un marinaio.
    * Antefatto: Bernabò con i suoi amici mercatanti vanno a Parigi, e intanto "motteggiando cominciò alcuno a dire" che le proprie mogli lontane da loro in quel momento, non avrebbero perso tempo a tradirli con altri uomini. Detto questo, "Bernabò Lomellin da Genova, disse il contrario, affermando sé di spezial grazia da Dio avere una donna per moglie la più compiuta di tutte vertù che donna o ancora cavaliere, in gran parte, o donzello dée avee, che forse in Italia ne fosse un'altra" e per tale motivo Ambruogiuolo cercò di convincere Bernabò che Zinevra "di carne e d'ossa come son l'altre" non può essere fedele al cento per cento, e quindi afferma che lui sarebbe in grado di conquistare il suo cuore. Da questo nasce una scommessa nella quale Bernabò si gioca cinquemila fiorini d'oro, contro i mille del suo amico.
    * Modificazione: Ambruogiuolo incontrò una "povera femina" che essendo amica di Zinevra entrava spesso in casa sua e facendosi nascondere in una cassa, riuscì a farsi portare dentro l'abitazione, dove spiò la moglie dell'amico, e rubò degli oggetti appartenenti alla donna per provare a Bernabò che lei in cambio del suo amore glieli concesse.
    * Nodo narrativo: Bernabò quando Ambruogiuolo gli fece vedere gli oggetti rubati alla moglie, e fattoli passare per doni regalatogli spontaneamente da Zinevra, andò su tutte le furie e ordinò a un suo parente di ucciderla.
    * Scioglimento: Zinevra riesce a convincere il parente mandato da suo marito ad ucciderla, di lasciarla libera e travestita da uomo fece il marinaio su una nave.
    * Conclusione: Zinevra riesce a discolparsi e torna a vivere con Bernabò. Ambruogiuolo "che legato fu al palo ed unto di méle, con sua grandissima angoscia dalle mosche e dalle vespe e da' tafani, de' quali quel paese é copioso molto, fu non solamente ucciso, ma in fino all'ossa divorato; le quali, bianche rimase ed a' nervi appiccate, poi lungo tempo, senza essere mosse, della sua malvagità fecero a chiunque le vide testimonianza".


* Commento: Come diceva all'inizio della novella Filomena, "lo 'ngannatore rimane ai piè dello 'ngannato" e questo alla fine del racconto avverrà; ciò significa che chi cerca di far del male agli altri, prima o poi cadrà nei suoi stessi tranelli e senza rendersene conto il male fatto agli altri lo colpirà in maggior misura.
Decima Novella (Dioneo)
  • Tema: Sotto il reggimento di Filomena, si ragionava di chi, colpito da sfortuna, è riuscito a cavarsela con un lieto fine.
    * Luogo: Pisa, Montenero.
    * Tempo: La vicenda non contiene elementi che forniscano informazioni sulla durata della storia, si può comunque dedurre che duri per oltre un anno.
    * Personaggi: Riccardo di Chinzica, "giudice" era più intelligente che di bell'aspetto; era molto dotto ma anche molto geloso nei confronti di sua moglie. Bartolomea, figlia di Lotto Gualandi, "giovane donna" è infelice della sua vita sessuale con suo marito, il quale la trascurava moltissimo. Paganino da Monaco, "famoso corsale" è un uomo sicuro di sé e riesce a far valere le proprie idee di vita.
    * Antefatto: Bartolomea sposata con Riccardo di Chinzica si trasferisce a Montenero per trascorrere una breve vacanza, "essendo il caldo grande".
    * Modificazione: Durante il soggiorno, Bartolomea viene rapita da Paganino da Monaco.
    * Nodo narrativo: Riccardo riuscendo ad avere un colloquio con il rapitore della propria consorte, rimane scioccato visto che Bartolomea non vuole tornare a casa con lui, ma rimanere a vivere con Paganino.
    * Scioglimento: Bartolomea spiega a Riccardo che lui essendo troppo preso nei suoi studi, l'ha trascurata molto e per questo vuole rifarsi una vita.
    * Conclusione: Bartolomea sceglie di vivere la propria vita a fianco del suo rapitore il quale è riuscito a soddisfarla sessualmente, mentre Riccardo, tornato a Pisa, trascorre una vita in solitudine e muore poco dopo.
    * Commento: Bartolomea dice a Riccardo: "mentre che io fui con voi, mostrasse assai male di conoscere me, per ciò che, se voi era vate savio o siete come volete essere tenuto, dovevate bene tanto conoscimento, che voi dovevate bene avere tanto conoscimento, che voi dovevate vedere che io era giovane, fresca e gagliarda, e per conseguente conoscere quello che alle giovani donne, oltre al loro vestire e mangiare, benché elle per vergogna non dicano, si richiede; il che come il voi facevate, voi il vi sapete". Ciò fa capire a chi legge come la ragazza abbia passato molto tempo insieme ad una persona che in realtà non conosceva, e di conseguenza esprime quello che prova dentro di sé con molta rabbia.
5- AFFETTI TENERI E TRAGICI

La nobilità del Boccaccio si dimostra non meno frequente che nelle novelle cavalleresche in quelle d'amore tragico o sentimentale o di ispirazione affetuosa. Se in altre la tensione del sentimento è, in qualche parte, più retorica che poetica, in questa tutto è misurato e profondo; e poche figure há la storia della poesia cosi commoventi come quella giovane chiusa nel suo tetro dolore, nel suo vaneggiamento tenero e tragico.

In queste ed in altre novelle c'è troppa delicatezza di sentimento e profondità di coscienza e temperanza d'arte perchè si possa dire che l'essenza del Decameron è tutta nelle novelle beffarde e sensuale.. Il Boccaccio non conosce soltanto la malizia, ma anche la tenerezza e gli affetti violenti.

falsa la concezione che limita la poesia del Boccaccio alla licenza e alla burla. Lui trae qui dalla sua consueta affermazione della legittimità dell'istinto, uma tragedia tutta sua, sensuale, ma fattan severa dalla serietà disperata com cui i protagonisti sentono quella forza.

6- GLI AMBIENTI, LO STILE, LA FORTUNA DEL DECAMERON

Il Boccaccio, come Dante e come tutta letteratura del tempo, dipinge piuttosto le persone che gli ambienti. Tuttavia nemmeno questo aspetto non è trascurabile nel Decameron. Uma parte notevole degli effetti di certe novelle dipende dalla pittura dei luoghi che, com poche pennellate, s'insinua nell'azione e la ravviva.

Tutto concorda in modo che nessun elemento si può staccare o cambiare. La ragione per la quale i protagonisti sono cosi vivi e diversi fra di loro, e non è possibile confondere l'azione dell'uomo com quella dell'altro.

Lo stile boccaccesco non è quell'eloquenza abbondante e sovrabbondante che si trova negli imitatori e che há procurato uma brutta celebrità anche al caposcuola. La parola del Boccaccio è però svelta e breve nei racconti comici e in quasi tutte le novelle migliori; si veda, per qualche esempio, quelle di Martellino, di Cisti, di Isabetta, di Cecco Angiolieri, di Calandrino e del porco. Non sono molte le novelle in cui lo stile è pesante e ricorda quello delle opere giovanili.

Il Decameron ebbe un'immensa fortuna, in Italia e fuori. Le imitazioni continuarono ancora nel Settecento. L'influenza del Boccaccio è uno dei motivi fondamentali della storia, non solo della novellistica, ma in genere della prosa italiana. Per lui il secolo di più largo predominio fu il XVI, quello in cui l'imitazione divenne un canone letterario.


7- IL BOCCACCIO DOPO IL DECAMERON

Da Firenze, dove s'era stabilito dopo la peste, il Boccaccio si allontanò qualque volta per ambascerie ai signori di Romagna, al marchese Ludovico di Brandeburgo, ad Urbano V. Oltre gli incarichi politici, ebbe da Firenze quello di offrire all'amico Petrarca uma cattedra nello Studio cittadino.

Nel '62 il certosino Gioachino Ciani, a nome del confratello Pietro Petroni spentosi da poco, gli recò l'ammonimento di mutar vita e la proferzia che, se non l'avesse fatto, sarebbe stato dannato. Il Boccaccio allora rinnegò il suo passato di uomo e di novelliere; e, senza l'intervento del Petrarca, avrebbe distrutto tutte le sue opere in volgare.

L'autunno del '74 il Boccaccio si ritirò in Certaldo, e ivi mori il 21 dicembre del 1375.

L'ultima parte della sua attività di scrittore è rapresentata quasi tutta da opre latine e di erudizione:
  • Il Bucolium carmen, che ritrae allegoricamente fatti storici e autobiografici;
  • Il De genealogiis deorum gentilium, uma specie di enciclopedia della mitologia pagana interpretata come un'allegoria delle verità cristiane;
  • Il de casibus virorum illustrium, esempio di grandezze e di rovine, da Adamo al duca d'Ateme;
  • Il De claris mulieribus, vite femminili, da Eva alla regina Giovanna, raccontate com intenti morali;
  • Il De montibus, silvis, fontibus, lacubus, ecc., dizionario in servizio dei lettori ndegli antichi.




8- CONCLUSIONE

Giovanni Boccaccio è un autore straordinario per il fatto che è moderno nel suo modo di rapportarsi con l’uomo. Egli è spudorato e coraggioso nell’affrontare tutti questi temi. L’ironia è la sua “arma principale”, anche se lui è una persona seria.

9- BIBLIOGRAFIA

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MOMIGLIANO, Attilio. Storia della letteratura italiana. Milano: Officine Grafiche Principato, 1960.

PAZZAGLIA, Mario. Letteratura italiana. Testi e critica com lineamenti di storia letteraria. Bologna: Zanichelli Editore, 1985. Volume I e II.

SEGRE, Cesare e MARTIGNONI, Celia. Testi nella storia. La letteratura italiana dalle origini al novecento. Milano: Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1992. Volume II: Dal Cinquecento al Settecento.

VOSSLER, Karl. Historia de la Literatura Italiana. Madrid, Labor, 1977.

Xerox analizzate durante il corso di Letteratura italiana I– UFJF, a cura della professoressa Silvana Montezzano.