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domingo, 17 de abril de 2011

DANTE ALIGHIERI - LA DIVINA COMMEDIA – PARADISO DI DANTE by Carlos Eduardo da Cruz Gomes


UNIVERSITÀ FEDERALE DI JUIZ DE FORA
FACOLTÀ DI LETTERE
PROGRAMMA PER CORSI DI GRADO IN LETTERATURA ITALIANA I



CARLOS EDUARDO DA CRUZ GOMES






DANTE ALIGHIERI - LA DIVINA COMMEDIA – PARADISO DI DANTE











Il lavoro presentato come requisito parziale per ottenere il diploma finale della disciplina in Letteratura italiana I - Corso di Laurea in Letteratura della Università Federale di Juiz de Fora. A cura della professoressa Silvana Montezzano.









JUIZ DE FORA

2009











RINGRAZIAMENTO



Ringrazio i grandi maestri del passato, i cui scritti fortemente hanno acceso nel mio desiderio di studiare, interpretare, riflettere, e rinnovare la ricerca. Un patrimonio di conoscenze e della bellezza dello stile. Mi trovo l'ombra della sua grandezza alla quale venero. Con la letteratura italiana, ho avuto il piacere di dilettarmie dei libri e gli autori cui temi hanno colvolto in un enorme carico di impegno nei confronti della cultura e della conoscenza. Grazie alla forte sensazione che ho sentito nel capolavoro della letteratura italiana che è meravigliosa è che mi dà molta soddisfazione nella lettura, oltre a trasmettermi la loro vitalità.

Ispirato dal suo insegnamento, Silvana montesano e dal generoso sostegno di tutti gli insegnanti, le persone e gli amici della UFJF e le insegnanti che hanno contribuito per mio sviluppo personale e la mia esperienza come ricercatore nel campo della letteratura italiana. Questo lavoro há servito di incetivo di studiare e sviluppare la conoscenze sempre di più.

Grazie a tutto ciò che profondamente mi ha insegnato e illuminato con la sua presenza e lo sa che ho potuto compiere questo lavoro. Condividendo la sua saggezza e la sua generosità con suprema virtù. Rendo omaggio a le studenti di Lettere e ai funzionari della Biblioteca Centrale UFJF.

Mi ricorderò sempre le discussioni e le preziose lezioni classi fornite durante il corso, con nuove iniziative passano nella mia vita accademica e professionale, dove il riciclaggio è quello di superarmi sempre di più.



























1- INTRODUZIONE:

Il Boccaccio há signoreggiato per secoli la storia della prosa italiana sopra tutto narrativa. Il Petrarca, per esempio, cominciò a sembrare antiquato gi”a nel secolo XVIII. Dal Petrarca al Boccaccio, che gli è contemporaneo, il distacco è più grande, e tuttavia essi appaiono tra di loro affini.

Secondo Attilio Momigliano( Storia della Letteratura Italiana, dalle origini ai nostri giorni), gli interessi dell'autore del Canzoniere e quelli dell'autore del Decameron sono simili, ma sono attacati alla terra, per entrambi quello che più conta è questa vita. Il Petrarca è combattuto, il Boccaccio no. Petrarca è cosi innamorato delle belle forme di Laura, così ansioso di scrutare i movimenti del proprio cuore, cosi diligente nel lasciare ai posteri un diario della propria vita affetiva e intelletiva, il centro della vita è la terra. Senonchè il Canzoniere è l'opera di uno scrittore solitario e il Decameron è l'opera di uno scrittore socievole.

Il Petrarca ebbe uma minuta e costante esperienza di sè, il Boccaccio uma larga esperienza del prossimo. Il primo fu il cronista di sè, il secondo il novellatore di tutte le classi del suo tempo. Ma cosi nell”opera monocorde del Petrarca, come in quella multiforme del Boccaccio, si sente, non l'uomo che vede nell'oltremondo il significato e l'epilogo della propria vita, ma l'uomo che vede nella terra il proprio regno. Nel Petrarca gli ideali religiosi non sono dimenticati. L'uno e l'altro, presi insieme, sono un esempio dell'apparente disparità che può presentare unb'epoca riflessa in due scrittori diversamente e potentemente originali, e dell'occulta somiglianza che li lega e tradisce in loro i figli di uno stesso secolo.


2- PERCOSO BIOGRAFICO:

Giovanni Boccaccio, nato nel 1313 dall'unione illegittima di Boccaccio di Chellino, mercante oriundo di Certaldo, e di uma nobile francese di cui non si conosce che il nome Giovanna. A Firenze fu avviato dal padre alla mercatura, alla quale attese malvolentieri ancora per qualche anno a Napoli.

Passato allo studio del diritto canonico, continuò a dar segni di predilezione per la vita letteraria ed elegante che si concentrava intorno a re Roberto d'Angiò. Di uma figlia naturale di costui, Maria dei conti d”aquino, s'innamorò nel 1336. Abbandonato dall'amante, obbligato dal dissesto del padre coinvolto nel fallimento della banca dei Bardi a lasciar Napoli, tornò a Firenze nel 1340. Da questa città s'allontanò più d'una volta; durante la peste del '48 non c'era; vi rientrò l'anno dopo per la morte del padre.

Appatengono al periodo antecedente alla peste quasi tutte le sue opere minori in volgare, tutte più o meno simili fra di loro e da considerarsi tutte come un avviamento al capolavoro. Lui è considerato il padre della prosa volgare italiana e, insieme a Petrarca e a Dante, il più importante scrittore del XIV secolo sia in Italia che in Europa.

Dopo i primi studi a Firenze, nel 1327 si trasferisce a Napoli dove si dedica ai classici latini e alla letteratura italiana e francese e proprio qui vedono la luce le sue prime opere: Filocolo, Filostrato, Teseida, Caccia di Diana e Rime.

Durante i successivi soggiorni a Firenze e nelle corti di Romagna compone oltre al Ninfale fiesolano e ad altre opere minori, la sua opera capitale: il Decameron, terminato nel 1351. E’ in questi anni che stringe amicizia con il “glorioso maestro”, Petrarca, e si dedica allo studio dell’opera dantesca. Viene a mancare nel dicembre 1375.

Come ben emerge leggendo il Decameron, Boccaccio sa esprimersi attraverso una considerevole varietà di toni e di stili in virtù del suo sperimentalismo. L’autore si dimostra inoltre ben attento a tutta la realtà, pronto a rappresentarla integralmente, da osservatore imparziale, nei suoi aspetti molteplici e talora contrastanti: una realtà in continuo mutamento.

L’uomo, con le sue qualità e i suoi vizi, è il protagonista unico di vicende dove agiscono tre motivi o molle fondamentali: Fortuna, Amore e Intelligenza, presentate in tutta una ricca gamma di possibili sfumature.

C'è da dire che Boccaccio impone nel Decameron una poetica realistica che comporta, oltre al citato pluristilismo, precisione di dettagli, descrizioni circostanziate, riferimenti “storici” a luoghi o persone reali. C’è assenza di questioni religiose, morali e politiche, e si individua nel naturalismo e nella rappresentazione realistica del mondo dei sensi il suo motivo ispiratore.

L’amore, uno dei temi principali del Decameron, è visto come un istinto irrefrenabile, come legge naturale: la concezione laica presente è ben distante da quella della produzione boccacciana precedente. L’opera è destinata a fornire diletto e insieme consigli pratici di comportamento alle donne innamorate e, quanto ai contenuti, esprime l’intenzione di narrare “novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati avvenimenti”.

Novelle esemplari dunque ma non di tipo etico-religioso!



3-PERCORSO TESTUALE – L'OPERE:

L'ambiente letterario descritto è sulla leggenda medioevale, come Il Filocolo: romanzo in prosa di Florio e Biancofiore. Nella pensantezza del complesso sono notevoli. La forza logica e psicologica di certi discorsi, tessuti com l'abilità delle più eloquenti pagine del Decameron.

Il gusto delle scene fastose o cavalleresche, che rimarrà in alcune delle novelle; l'innamoramento dei protagonisti, le loro malinconie quando sono separati, la letizia di Florio dopo la liberazione di Biancofiore, la scena di Florio che – tentato e quasi sedotto da due giovani – si riscuote improvvisamente al pensiero de Biancofiore. Sopra tutto la delicatezza ora idilica ora elegiaca della rappresentazione amorosa dimostra che già si sta formando il grande scrittore.

Il Filostrato è un poema in ottave connesso com le leggende troiane del medioevo: racconta l'infelicità di Troilo, abbandonato da Griseide per Diomede. È il più notevole precorrimento del Decameron. In certe parti, specialmente nelle prime due, lo stile è rapido, senza retorica e senza sfoggio di cultura classica. In queste pagine l'andamento non è lirico ma psicologico, non cavalleresco ma quotidiano borghese reale; il tono è da commedia, non da poema. Il modo di sentire è già quello della novela realistica del Boccaccio. C'è già quello scetticismo, quel linguaggio cinico e beffardo, quella morale amorosa cosi caratteristica di tanti racconto del Decameron. Si veda quella figura di mezzano di Pandaro; la scena in cui egli si appresta a tentar Griseide per Troilo; la risposta di Griseide alla lettera di Troilo, com quella cosi ipocrita verecondia.

Il Teseida è un poema di intenzioni epiche ma di contenuto novellistico: vi si narra, infatti, l'amore di Teseo, per Emilia sorella della regina delle Amazzoni. Anche qui lo stile è prosastico, popolareggiante: ma vi si mescolano frequenti elementi mitologici e classici e riflessi di poesia aulica. La Grecia de Boccaccio è proiettata in un ambiente cavalleresco.

Il Ninfale fiesolano è un poema idillico tessuto intorno all'amore del pastore fiesolano Affrico e della ninfa Mensola. È la più omogenea fra le opere minori del Boccaccio, ed è ricca di pagine affettuose, domestiche e drammatiche. La scena si svolge in un ambiente all'autoe di mettere tutto sullo stesso piano, quasi uguagliando i personaggi umani e quelli mitici ( le ninfe di Diana) in uma sfera che dà l'impressione d'un'età beata e lontana. Il tono dell'amore è insiene ingenuo e sensuale, e há non solo dell'idillio ma anche della storia osservata com un vivo senso dello sviluppo della psicologia dei personaggi. Il racconto, scarso com'è di elementi descrittivi, e ricco di parlate e di scene, e chiaramente regolato da uma situazione in continuo progresso, rivela più di ogni altra opera minore il temperamento del novelliere.

Il Ninfale d'Ameto racconta, parte in prosa e parte in terzine, com intonazione parte immorale e parte allegorica, la purificazione di Ameto traverso l'amopre per sette ninfe simboleggianti le virtù cardinali e teologali. L'Amorosa visione, in terzine, è, come lAmeto, d'ispirazione dantesca e d'intonazione contradditoria.

La Fiammetta, ultima di queste opere minori, è il romanzo dell'amore del Boccaccio per Maria d”'aquino, alla quale si richiamano quasi tutte le opere fin qui ricordate. In questa prosa troppo florida e spesso pedantesca, ma viva nelle pagine che ritraggono i sentimenti della protagonista, il Boccaccio, raccontando di Fiammetta abbandonata da Panfilo, allude a se stesso abbandonato dall'amante.

Le attitudini che Boccaccio dimonstra in queste opere, sono quelle dell'osservatore o del narratore di vicende amorose. Spesso l'amore vi è rappresentato come uma passione sensuale; e allora sopra tutto si cominciano a intravvedere le attitudini artistiche del Boccaccio. Altre volte è idealizzato. Le attitudini allegoriche e le preoccupazioni morali pesano ancora in alcune di queste opere; in altre l'educazione retorica soffoca le qualità native dello scrittore. Il senso della realtà è ancora discontinuo, spesso soffocato dagli ornamenti e dalle amplificazioni.

In questo periodo la poesia, che più difficilmente si presta alle riflessioni e alle prolisse amplificazioni retoriche, giovò meglio al Boccaccio per rivelare la sua attitudine alla rappresentazione schietta della verità esterna ed interna. In queste opere un claore di sentimento, uma tenerezza nativa che troppo spesso si dimenticano quandosi parla del Boccaccio narratorte di casi amorosi, e che invece sono uma delle sue doti di poeta.

Appatengono alle opere minore del Boccaccio anche le lirische, di cui il nucleo maggiore risale al periodo dell'amore per Maria d'Aquino. Come nel Filocolo la descrizione della brigata elegante che a Napoli discorre di questioni d'amore e racconta novelle prelude alla compagnia e al disegno del Decameron, cosi parecchie di queste liriche ci introducono in un ambiente aristocratico simile a quello in cui i novellatori e le novellatrici del capolavoro dicono i loro racconti. Sfondo del Decameron sono gli ameni dintorni di Firenze; delle liriche le spiagge napoletane, e particolarmente Baia, dimora estiva della nobile società contemporanea. Le liriche sono notevoli soltanto come prova dell'esperienza che il Boccaccio aveva fatto della vita raffinata, e come indizio di quello che egli potè ricavame per la rappresentazione delle abitudini lussuose della brigata del Decameron.

Artisticamente sono trascurabili: vi si trovano reminiscenze di Dante, del dolce stil nuovo, del Petrarca; lo stile non è semplice e quasi rozzo come quello dei mpoemi, ma adorno, appunto perchè dietro questa lirica del Boccaccio c'e uma tradizione letteraria quasi secolare, quella che va dal Guinizelli al Petrarca.





4- IL DECAMERON. La cornice: suo valore decorativo e suo significato rispetto al temperamento aristocratico del Boccaccio:








5- LA SOCIETÀ CAVALLERESCA DEL BOCCACCIO:

6- AFFETTI TENERI E TRAGICI

7- LE NOVELLE EROTICHE E LE NOVELLE BURLESCHE

8- GLI AMBIENTI, LO DTILE, LA FORTUNA DEL DECAMERON

9- IL BOCCACCIO DOPO IL DECAMERON

10- CONCLUSIONE

11- BIBLIOGRAFIA

BOCCACCIO, Giovanni. Decamerão. São Paulo, Abril, 1971.

DE BERNARDI, Italo. Disegno storico della letteratura italiana. Torino,:Societ”a Editrice Internazionale, 1977.

DONADONI, Eugenio. Breve storia della letteratura italiana. Milano: Signorelli, 1970.

MARTIM, Cristiano (trad.) A Divina Comédia. Belo Horizonte: Villa Rica, 1991.

MOMIGLIANO, Attilio. Storia della letteratura italiana. Milano: Officine Grafiche Principato, 1960.

PAZZAGLIA, Mario. Letteratura italiana. Testi e critica com lineamenti di storia letteraria. Bologna: Zanichelli Editore, 1985. Volume I e II.

SEGRE, Cesare e MARTIGNONI, Celia. Testi nella storia. La letteratura italiana dalle origini al novecento. Milano: Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1992. Volume II: Dal Cinquecento al Settecento.

VOSSLER, Karl. Historia de la Literatura Italiana. Madrid, Labor, 1977.

Xerox analizzate durante il corso di Letteratura italiana I– UFJF, a cura della professoressa Silvana Montezzano.





























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